martedì 20 marzo 2007

Il miglior libro non-libro del 2007

Anche quest'anno sono state rese note le nomination al Blooker Award, il premio letterario per il più bel libro nato da blog

Ritorna puntuale, per il terzo anno consecutivo, l’appuntamento con i blooks (contrazione di «blog» e «books», libri), ovvero i riconoscimenti ai migliori libri basati sulle storie e sugli appunti registrati dai blogger nel loro spazio personale online.
EDIZIONE 2007 – Promossa dall'editore on demand Lulu, l’edizione 2007 del Blooker Award ha ricevuto 110 candidature alle nomination da 15 Paesi diversi. I blooks ammessi alla gara sono 15: i più votati delle tre categorie fiction, non-fiction e comics riceveranno 2.500 dollari di premio, mentre il vincitore assoluto, il blook dell’anno – che sarà annunciato il prossimo 14 maggio – ne porterà a casa anche altri 7.500 per un totale di 10 mila dollari. Il vincitore del 2006 – «Julie and Julia: My Year of Cooking Dangerously» – ha venduto oltre 100 mila copie in un anno, e la storia diventerà presto un film.
NUOVO GENERE – «I blooks sono l’ultima frontiera della storia dei libri» ha dichiarato Bob Young, amministratore delegato di Lulu. Il premio è infatti un modo per incoraggiare una moderna forma di letteratura, un nuovo modo di fare fiction, in cui vecchio e nuovo genere si incontrano. Secondo Cory Doctorow, blogger ed ex giudice dei Blooker, i blooks finiranno col cambiare la natura del processo creativo alla base della scrittura: «Prima i pensieri venivano annotati in un taccuino, ma ora che vengono postati online avviene qualcosa di incredibile», dice Doctorow, perché gli interventi e i commenti dei lettori contribuiscono a rendere omogenee e a sviluppare le idee e gli istanti fissati dal blogger sulla pagina digitale, fino a trasformare il tutto in un libro.

L'arte nascosta di David Lynch

In mostra alla Fondation Cartier di Parigi dentotrenta fotografie, cinquecento schizzi e disegni, una trentina di pitture del controverso cineasta. Un viaggio nei suoi deliri e nelle sue ossesioni in un'atmosfera inquietante come i suoi film.



La faccia nascosta della medaglia David Lynch è in mostra per la prima volta al mondo alla Fondation Cartier di Parigi. Dei pannelli, grandi, coperti di teli colorati accolgono le opere plastiche del cineasta. In una piccola sala sono mostrati i suoi primi cortometraggi, in un'altra le sue fotografie. Regista, fotografo, pittore, disegnatore, attore, designer sonoro, David Lynch è un artista completo. Fino ad ora solo qualche tela era stata mostrata a Tokyo nel 1990. Poi più niente. Fino al 27 maggio gli amatori del regista di "Mulholland Drive", già accorsi a migliaia, possono perdersi nel labirinto dei suoi deliri. E delle sue opere, delle sue ossessioni sarebbe meglio dire, recuperate dal direttore della Fondation Hervé Chandès nella sua casa di Los Angeles e installate dall'artista stesso nel palazzo di vetro di Jean Nouvel. Centotrenta fotografie, cinquecento schizzi e disegni, una trentina di pitture, alcune di grande formato, in sottofondo una musica assordante. Il titolo dell'esposizione è ansiogeno come un suo film: "The Air Is on Fire", l'aria è in fuoco. A sessant'anni quest'uomo dalle opere inquetanti fa i conti con i suoi sogni e le sue nevrosi e decide di soccombere, e di farci soccombere con lui, agli uni e alle altre. L'amore dell'arte è qualcosa che gli viene diretto dalla sua infanzia, le sue ricerche plastiche nutrono i suoi film e i suoi film si nutrono della sua arte. Il primo marzo, sera dell'inaugurazione, davanti alla Fondation, centinaia di persone aspettavano, in fila, nemmeno tanto arrabbiate. Per farle sloggiare è dovuta intervenire la polizia. Dentro pochi intimi, pochi privilegiati. Visti da fuori sembravano personaggi di un suo film, sempre al limite di perdere il filo del percorso. In una piccola sala, trasformata in teatro, Lynch suonava su una tastiera, concentrato. Attorno a lui delle tende come nei teatri di una volta, come ormai non si fa più. Tre cortometraggi, i suoi primi, passano uno dopo l'altro: Six Men Getting Sick, The Grandmother, The Alphabet. Sono il trait d'union, il trattino fra la pittura che ha studiato nel '65 alle Belle arti della Pennsylvania Academy of Fine Art di Filadelfia e il cinema. Stava disegnando un giardino, di notte. Ha sentito il vento, ha visto dei fili d'erba muoversi, si è accorto che non poteva rendere quel movimento sulla sua tela. Sei mesi dopo ha realizzato il suo primo cortometraggio. Poi è diventato David Lynch. Questa esposizione la considera un'esperienza "umiliante" e "eccitante" al tempo stesso. Nonostante gli anni, nonostante il successo, nonostante l'amore che la Francia gli porta e non manca di confermargli ad ogni uscita di suoi film sugli schermi, Lynch teme ancora che gli spettatori "non apprezzino". Al tempo stesso è contento, come un giovane artista, di vedere le sue opere esposte, quelle che consultava ogni tanto per nutrire i suoi fantasmi e quelle che anche lui aveva un po' dimenticato. Ora sono qui, in questo luogo prestigioso, e lui dice: "Queste opere mi danno oggi nuove idee". Si è autorizzati ad aspettarsi il peggio. O il meglio. È solo questione di punti di vista.

Le sue pitture, le fotografie, i disegni, evocano esperienze infantili, i suoi fantasmi adolescenziali, le sue preoccupazioni adulte. La casa, ritorna come un tema ricorrente ma non come il luogo della separazione dal mondo e della pace, piuttosto come un luogo oscuro, pieno di messaggi misteriosi e preoccupanti. Le sue fotografie fanno pensare ai suoi film o ai suoi sogni. Possono essere sensuali o evocare paura. Le sue donne, seducenti, hanno labbra e unghie rosso fuoco. Una serie di fotomontaggi numerici di foto porno degli anni 1840-1940 sono raccolte sotto il titolo Distorder Nudes. Le donne perdono spesso della loro sessualità per trasformarsi in creature quasi-umane, dalle forme e dalle espressioni irreali. Queste immagini, forse più che le tele, offrono un punto di partenza per l'analisi dei percorsi della sua creazione e per la ricerca della fonte della sua ispirazione.

Italia, paese affamato di cultura. E nel 2006 il teatro supera lo sport !

BARI - Sembra uno scherzo, e invece è assoluta verità: gli italiani preferiscono il teatro allo sport. Almeno questo dimostrano i dati relativi all'anno scorso: per la prima volta dopo anni, infatti, il pubblico amante del palcoscenico ha superato quello degli stadi e dei palazzetti. E anche con un notevole scarto: 13,5 milioni contro 12,7.

Le cifre 2006 sono state elaborate da Federculture, e sono state presentate nel corso della quarta Conferenza nazionale degli assessori alla Cultura e al Turismo, in corso a Bari dal 15 al 17 marzo, e promossa anche da Anci, Conferenza delle Regioni, Upi, Legautonomia, Uncem e Formez. Un'occasione, da parte degli addetti ai lavori, per fare il punto sull'Italia e sulla sua fame di cultura.

I fondi. Il nostro Paese destina alla cultura 1,8 miliardi di euro l'anno, contro gli oltre 5 miliardi di Gran Bretagna e Spagna. Dal 2002 al 2007, i finanziamenti statali sono scesi dallo 0,35% allo 0,29% del Pil. A compensare almeno in parte questa poca generosità ci sono gli enti locali, che destinano al settore il 3,4% del loro bilancio. Tra i grandi comuni, il più generoso è quello di Torino: 5,09%, seppure in flessione rispetto al 6,80 del 2005.

Gli eventi più amati. A sorpresa, come già detto, il teatro supera lo sport. Ma ci sono altri dati interessanti, sempre sul fronte culturale: ad esempio, nel 2006, le principali mostre organizzate nel nostro Paese hanno registrato ben 7 milioni di visitatori, con un più 42,2% rispetto al 2005. Quanto agli altri appuntamenti, oltre a quelli ormai consolidati (il Festival della filosofia di Modena, il Festivaletteratura di Mantova, il Ravello Festival, eccetera) i dati forniti al Convegno di Bari sottolineano il boom di alcune iniziative recentissime. Come la Festa del cinema di Roma (150 mila spettatori) o il Festival Economia di Trento (50 mila presenze). La hit parade delle mostre. Stravince l'esposizione dedicata a Gauguin e Van Gogh, al museo di Santa Giulia di Brescia: oltre 541 mila visitatori. Seguono, sul podio, Antonello da Messina alle Scuderie del Quirinale di Roma (318 mila); Caravaggio e l'Europa al Palazzo Reale di Milano (313 mila). Poi, dal quarto al decimo posto: Modigliani al Vittoriano di Roma; Mantegna a Mantova; Millet, ancora al Santa Giulia di Brescia; Cina - Nascita di un impero alle Scuderie del Quirinale; Argenti a Pompei al Museo archeologico nazionale di Napoli; Raffaello alla Galleria Borghese di Roma; Manet al Vittoriano. I musei e i siti archeologici. Qui, le cifre sono, come quasi ogni anno, da record. Lo scettro spetta ai Fori imperiali di Roma: oltre 2 milioni 784 mila spettatori, con un più 1,85% rispetto al 2005. Seguono gli scavi di Pompei (1 milione 810 mila) e il Palazzo Ducale di Venezia (un milione 499 mila). Il punto sul turismo. Tra marzo e novembre 2006 hanno visitato il nostro Paese 32,2 milioni di stranieri. L'incremento medio, registrato nelle dieci province italiane a maggiore vocazione di turismo culturale, è stato del 18%: Roma, Venezia, Milano e Firenze sono le quattro città che hanno avuto le migliori performance. Trend negativo, anche se contenuto (meno 1%), per le province con offerta turistica di tipo prevalentemente paesaggistico (mare e montagna).