Al MAXXI di Roma fino al 1 luglio una collettiva di giovani artisti italiani indaga i diversi atteggiamenti nei confronti della società di massa: solare o turbato, curioso o malinconico...
Ventiquattro artisti post ’64, ossia nati nella decade successiva alla pubblicazione di ‘Apocalittici e integrati’ di Umberto Eco, messi a confronto, aperti al dialogo, contrapposti diametralmente, tutti però raccolti nell’ampia cornice dell’indagine artistica contemporanea sul tema dell’utopia e del suo contrario, tra apocalittici e integrati appunto che dei mass media fanno la loro bandiera o il loro più acerrimo nemico.
La mostra, allestita nelle sale del MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, sarà visitabile dal 30 marzo sino al 1 luglio.
La collettiva ospitata al MAXXI consta di 24 artisti, giovani ma affermati da tempo: "24 espressioni differenti rilette attraverso la sovrapposizione di atteggiamenti sintetizzati bene dal titolo della mostra. Ne emerge un mondo triste, imprendibile fatto di atteggiamenti mutevoli e mutanti, incrociati", ha dichiarato Pio Baldi, direttore del MAXXI. Sguardi incrociati sulla contemporaneità che riflettono, ognuno a suo modo, il sistema massmediale riletto nelle dinamiche ad esso sottese ma, anche e soprattutto, nel contenuto. Dipinti, installazioni, videoarte per scandire ansie e passioni del secolo, per raccontare un punto di vista differente, per farsi parte integrante del processo comunicativo oppure osservarlo dall’esterno, con piglio critico. Ottanta opere per andare oltre la celebre dicotomia introdotta da Umberto Eco con ‘Apocalittici e integrati’, perché nell’arte contemporanea c’è spazio per posizioni intermedie, per zone grigie del pensiero.
Trait d’union su tutti è un certo feticismo per l’immagine, assurta non a caso a cifra distintiva del nostro tempo, ma soprattutto a condizione necessaria ad avvalorare la realtà. Un percorso espositivo affascinante perché onnicomprensivo delle possibili soluzioni ad un approccio critico ai mass media, oltre chi demonizza alla Orwell una tv onnisciente oppure chi osanna i media alla McLuhan perché considerati protesi moderne, c’è ancora chi cerca un compromesso da sviluppare attraverso i codici dell’arte. “Una mostra nata subito dopo il mio ritorno in Italia dopo 27 anni che intende essere un focus sulla produzione d’arte contemporanea degli ultimi cinque anni e dunque sugli artisti italiani giovani che, seppur meritevoli, erano ancora nell’ombra- ha dichiarato all’ADNKRONOS CULTURA il curatore Paolo Colombo- Mi sono trovato di fronte ad un panorama molto ampio ed eterogeneo, non connotato – ha aggiunto Paolo Colombo – come all’estero da indirizzi ben precisi delle accademie d’arte ma dove a prevalere sono le personalità dei singoli. Ritenevo appropriato il titolo per sintetizzare e racchiudere tutti i differenti approcci che i giovani artisti utilizzavano rispetto alla contemporaneità. Artisti nati dopo il 1964 per i quali si presume abbiano letto, direttamente loro o i rispettivi genitori, il testo di Umberto Eco, a mio avviso ancora attuale e carico di suggestioni o spunti critici”.
Una fotografia parziale ma comunque efficace, una carrellata di immagini non più meri simulacri del contemporaneo come sosteneva Jean Baudrillard, una mostra affascinante.